La Corte di appello di Milano, sezione seconda civile, ha pronunciato il seguente provvedimento nella causa civile in grado di appello iscritta al numero di Ruolo 1840 dell'anno 1999 e promossa con atto di appello notificato da Vittorio Sgarbi, con l'avv. Stefano Previti e l'avv. Paola Caterina Pasqua, via Cesare Battisti n. 1, Milano, appellante; Contro Andrea Padalino, con l'avv. Salvatore Morvillo e l'avv. Matteo Sovera, via Besana n. 3, Milano, appellato. La Corte, letti gli atti e i documenti prodotti dalle parti; rilevato che con sentenza n. 7673/1998 il Tribunale civile di Milano ha condannato Vittorio Sgarbi a pagare ad Andrea Padalino la somma di L. 10 milioni, oltre accessori e spese di lite, a titolo di risarcimento danni per la diffamazione commessa in danno del predetto durante la trasmissione televisiva denominata «Sgarbi quotidiani» avvenuta in data 4 agosto 1994; che il tribunale, nella citata sentenza, ha invece assolto V. Sgarbi in relazione all'altro episodio dedotto dall'attore Padalino come diffamatorio, asseritamente avvenuto a Cortina d'Ampezzo il 24 agosto 1994 nel corso della presentazione di un libro; che V. Sgarbi ha proposto appello principale avverso la predetta sentenza chiedendone la riforma e l'annullamento, deducendo in via pregiudiziale «il difetto di giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria» in quanto «la Camera dei deputati, nella seduta del 28 luglio 1998 ha dichiarato l'insindacabilita' ex art. 68 Cost. delle opinioni espresse dall'on. Sgarbi nella trasmissione del 4 agosto 1994 e nell'altra occasione oggetto di contestazione»; che Andrea Padalino, a sua volta, in via di appello incidentale, ha impugnato la sentenza in oggetto in punto quantum debeatur; che l'appellato Padalino, inoltre, preso atto della predetta delibera, ha chiesto al giudicante di sollevare «conflitto di attribuzione a norma degli artt. 134 Cost. e legge n. 87 del 1953 tra Poteri dello Stato»; che, ancora, l'appellante principale anche nella sua comparsa conclusionale 18 aprile 2003 ha ribadito che il giudice di primo grado ha erroneamente «escluso che le frasi contestate configurassero opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari»; Ritenuto che la Camera dei deputati, con la delibera di insindacabilita' presa in data 29 luglio 1998 (non 28 luglio 1998 come sopra indicato) in merito al doc. IV-ter n. 67/A, relativo al deputato Sgarbi (vedi, sul punto doc. 5 e 6 prodotti dall'appellante principale), non ha legittimamente esercitato il proprio potere al riguardo perche' difettano nella fattispecie i presupposti di detta dichiarazione, tra i quali quello del collegamento delle opinioni espresse con la funzione parlamentare, in quanto tali presupposti sono stati arbitrariamente valutati; che, invero, come gia' evidenziato dal giudice di primo grado, le dichiarazioni incriminate per cui e' causa, descritte negli atti di causa e riportate anche nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere (vedi doc. n. 5 prodotto dall'appellante principale), esulano completamente dalle funzioni parlamentari, perche' espresse rispettivamente durante la trasmissione «Sgarbi quotidiani» del 4 agosto 1994, tenuta dallo Sgarbi in base ad un contratto d'opera di natura privata, e durante una conferenza stampa per la presentazione di un libro, tenutasi il 24 agosto 1994 in Cortina d'Ampezzo, senza alcun specifico collegamento con l'attivita' di parlamentare svolta dal predetto deputato; che, quindi, non sussiste il collegamento con la funzione parlamentare genericamente ed erroneamente affermato dalla Camera dei deputati con la delibera di insindacabilita' in esame, dato che le dichiarazioni incriminate non rappresentano la divulgazione all'esterno di un opinione gia' espressa dall'interessato nell'esercizio delle funzioni parlamentari tipiche (vedi, sul punto, anche Corte costituzionale sent. n. 257/2002, n. 283/2002, n. 448/2002 e n. 289/2001); che, pertanto, la delibera in esame interferisce illegittimamente nelle attribuzioni dell'Autorita' giudiziaria competente a giudicare sui fatti per cui e' causa; che, quindi, occorre nella fattispecie sollevare il conflitto di attribuzione ex art. 37 della legge n. 87/1953 al fine di ottenere dalla Corte costituzionale la dichiarazione che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti, per i quali pende in appello il giudizio civile di risarcimento danni tra le parti indicate in epigrafe, concernono opinioni espresse dal deputato V. Sgarbi nell'esercizio delle sue funzioni ex art. 68, primo comma, della Costituzione, con conseguente annullamento della delibera in oggetto (vedi, sul punto, anche Corte costituzionale sent. n. 265/1997, n. 129/1996 e ord. n. 177/1998);